di Peter Hossli – foto di Adrian Mueller
Tony Fadell, 38 anni, non è un uomo da invidiare: ha cambiato il mondo ma non gli è permesso parlarne. Era la primavera 2001 e l’ingegnere Fadell stava sciando in Colorado quando il suo cellulare squillò: “Ciao Tony” disse una voce, “abbiamo un lavoro per te”. Era la voce di un direttore hardware della Apple. Dopo soli sei mesi, in tempo per Natale, la Apple presentò al mondo l’iPod, un lettore mp3 compatto ed esteticamente invincibile. Naturalmente Steve Jobs, il carismatico Ad e co-fondatore di Apple, ne teneva uno in mano. Già allora Fadell veniva tenuto lontano dai reflettori, sebbene fosse lui lo sviluppatore dell’iPod a capo di un team di 35 designer ed ingegneri. Fadell ha portato al successo un progetto, nell’ambito dell’intrattenimento elettronico, che pochi altri ingegneri potranno eguagliare, poiché ad aprile 2007 iPod ha raggiunto la cifra record di 100 milioni di unità vendute. Non solo ha rivitalizzato la Apple, ma ha fatto lo stesso con l’agonizzante industria musicale.
Ancor oggi sociologi e psicologi continuano ad analizzarne l’impatto sociale, definendo come una nuova specie i cosiddetti iPodder: uomini dai comportamenti leggermente dissociati che vagano per il mondo protetti da una bolla musicale. Molto è stato detto riguardo a questo dispositivo ad alta tecnologia. Soltanto una persona non ne ha mai parlato fin d’ora: Fadell, l’ingegnere che ha creato un vero e proprio stile di vita grazie alla sua invenzione – come Sony fece negli anni ’70 con il suo Walkman o più tardi Nicolas Hayek fece con lo Swatch. Ma Fadell per settimane ha ignorato la nostra richiesta di rilasciare un’intervista; ha infine accettato di sostenere una conversazione telefonica. Chiedendo di essere contattato a casa e non nel suo ufficio a Cupertino, il quartier generale della Apple in California. Perché nessuno deve sapere che sta parlando con la stampa. “Ciao, sono Tony” risponde amichevolmente al telefono. È mattino presto e Fadell si trova ancora nella sua casa a Portola Valley, una graziosa città non distante da Palo Alto (qui le case costano almeno un milione di dollari). “Ora ti dirò le regole per quest’intervista, ok?” inizia Fadell, “parlerò di me, di me come persona. Non dell’iPod. Tutto chiaro?” e “deve essere chiaro: non risponderò a molte domande”.
CI PUÒ RACCONTARE COME INIZIÒ A LAVORARE PER LA APPLE?
No, non posso. Posso solo dire ciò che è scritto sul mio sito internet: lavoro al dipartimento iPod con il titolo di Vice-Presidente.
US MAGAZINE NEWSWEEK HA RACCONTATO CHE LEI RICEVETTE LA CHIAMATA DALLA APPLE MENTRE STAVA SCIANDO. È VERO
Non posso rispondere.
PUÒ DIRE PERCHÈ NON PUÒ RISPONDERE?
Solo persone scelte parlano dei nostri prodotti. Questa è la regola alla Apple. I prodotti sono in primo piano, le persone no.
E alla Apple parla esclusivamente una persona: l’amministratore delegato Steve Jobs, 51 anni, messia della multinazionale. Molti lo ritengono brillante – altri straordinariamente egocentrico. Jobs teme che gli avversari possano rubargli il suo miglior ingegnere; ecco perché nessuno deve conoscere Fadell. Le sue paure non sono del tutto infondate. 23 anni fa, quando Jobs rivoluzionò il personal computer con il suo primo Macintosh, Rolling Stone intervistò l’inventore del Mac. In breve tempo gli ingegneri Apple passarono alla concorrenza, che pagava salari più alti. Questo esodo è uno dei motivi che portò a fallire il piano di Jobs per il controllo del mercato del pc attraverso i Mac. Anziché incrementare la presenza sul mercato, il suo computer perse il 3% a livello mondiale. Lo stesso non accadde in seguito all’iPod, specialmente viste le ultime proiezioni che danno la Apple detentrice del quasi 80% del mercato dei player digitali. Per questo motivo a Fadell non è permesso parlare della sua carriera, pur essendo una classica storia di sogno americano.
Nato a Detroit, Fadell girovagò con la famiglia per tutta la nazione frequentando 11 scuole diverse e all’età di 8 anni ebbe il suo primo ingaggio come venditore di uova. Fadell mise piede nella Silicon Valley a vent’anni e fondò 6 compagnie: ne vendette 3 con un profitto considerevole e chiuse le restanti. A quei tempi fu ingaggiato dalla Philips, perché nessuno sapeva costruire dispositivi come lui. Fadell si definisce un falso ingegnere, un ‘designer auto-proclamato’. E la sua passione sono gli strumenti portatili. “Gli spazi limitati forzano le soluzioni creative per problemi complessi”. Che tipo di problemi ha affrontato nella progettazione dell’iPod? Fadell risponde svogliatamente, ma risponde. “Devi immaginare il prodotto finito prima ancora di iniziare a costruirlo”. In beni di consumo a prezzo democratico come l’iPod, il design dell’hardware, del software e la meccanica devono convergere. In tal modo: “il sistema non costa troppo, consuma poca energia e ci sta in una mano”.
Una cosa è certa: “devi fare compromessi, e la vera arte è capire quali siano”. Il bagaglio professionale di Fadell lo ha aiutato a soppesare pro e contro del piccolo processore, prima di costruire “i chip, i programmi e il design complessivo del prodotto”. Parla proprio come il padre dell’iPod. Quindi lo è? “Mi spiace, non posso rispondere a questa domanda”. Per Philips disegnò due computer portatili, il Nino e il Velo. Per Sony creò il MagicLink, un tuttofare elettronico per archiviare indirizzi, appuntamenti, fax inviati, news dal mondo e grafici di borsa. Il prodotto vinse diversi premi ma alla fine fu un flop – “perché la compagnia non lo vendette come si doveva”. I tools portatili hanno buone chance di essere venduti solo se supportati da illuminanti messaggi di marketing. “Apple è un campione in questo perché vuole produrre il meglio mentre i soldi sono la preoccupazione secondaria, in Philips non è così”. Tony Fadell chiude la telefonata con una richiesta: “vi prego, non scrivete nulla a proposito dell’iPod, non voglio perdere il mio lavoro”. Poi racconta che trascorrerà il weekend a New York per il matrimonio di un collega sviluppatore. “Ci saranno un sacco di iPoddari lì”.
Lo incontriamo due giorni dopo. Fadell si fa vivo a Manhattan indossando jeans e una camicia il cui candore ricorda quello dell’iPod. Durante una passeggiata con il fotografo, tira fuori il suo ultimo modello di lettore Apple dalla tasca dei pantaloni. È palesemente fiero. Contiene 10.000 canzoni. Descrive ‘eclettica’ la selezione di canzoni nel suo dispositivo. Fadell possiede 3.500 cd e 120 gigabyte di canzoni; più o meno 4.000 ore di musica. Il rock di Detroit è il suo genere preferito. Adora il suo lettore perché gli permette di non trascinare in giro i cd, anche se li colleziona ancora. “Mi carico la musica che riesco ad acquistare” e sull’iPod degli amici scopre continuamente nuove band. “Prima pensavo che non ci fosse niente di più fico che andare a casa di conoscenti e paragonare i cd, ora posso farlo con una mano sola, ogni volta che voglio. I miei amici viaggiano sempre con la loro musica preferita in tasca”.
IDENTIKIT
Tony Fadell ha vissuto nella silicon Valley per 17 anni, la valle della tecnologia e del sogno economico. Nove anni fa, la rivista di scienze Fast Company predisse che l’allora 29enne Fadell sarebbe divenuto “uno dei leader della Silicon Valley”. Ora che ha 38 anni, Fadell sorride di quella previsione. “Sono il leader di un team Apple. E ci sono un sacco di fantastici prodotti da sviluppare”. E quale prodotto lo renderà famoso nel mondo? “Forse” dice, “ci sarà un libro, un giorno, sulla storia dell’iPod”. Siamo certi che sarà Tony Fadell a scriverlo.